venerdì 25 settembre 2015

GIALLA









Gialla:
Un progetto importante di LietoColle e Pordenonelegge     

di Bonifacio Vincenzi



Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento; ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore, sono queste le cose che ci tengono in vita.”

Questa è una delle tanti frasi memorabili pronunciate dal professor John Keating ne L’attimo fuggente nella memorabile interpretazione di Robin Williams.






E ancora, sempre da L’attimo fuggente:

... Come ha detto Frost: "Due strade trovai nel bosco e io, io scelsi quella meno battuta. Ed è per questo che sono diverso."

Alla fine, però, quelli che sono diversi, quelli che hanno passioni sono persone semplici, non fanno solo proclami, non portano solo a passeggio il loro ego, ma creano costantemente, rendendo vivo ciò che sentono.

Mi ha molto colpito un’immagine colta dal sito di LietoColle: un albero possente pieni di frutti e i frutti sono i libri. Mi ha colpito perché ho sempre pensato che le cose importanti che la razza umana, nonostante ci sia un martellante tentativo occulto di rincretinirla completamente, riesce ancora a fare, sono un po’ come tante piantine piantate in un terreno fertile accudite giorno per giorno con amore, costanza, e senso di responsabilità. E queste piantine crescono fino a diventare alberi possenti. Fino a diventare punto di riferimento.



Penso a questi alberi quando penso al lavoro di LietoColle, quando penso a questa splendida realtà che è diventata Pordenonelegge.

E quando le anime di LietoColle e Pordenonelegge decidono di unirsi in un progetto dedicato esclusivamente alla Poesia e ai Giovani, bene, allora, bisogna accogliere tutto questo con entusiasmo ed emozione, anche esagerata, perché significa che per questa umanità tartassata e umiliata giorno dopo giorno, c’è ancora speranza.

Vasile Ghica ha scritto una cosa che mi spaventa tantissimo: “La più grande tragedia avrà inizio quando i giovani non vorranno più cambiare il mondo.”

Vogliamo forse negare che tutto questo  sta già accadendo?

Due strade trovai nel bosco e io, io scelsi quella meno battuta. Ed è per questo che sono diverso. In un mondo in cui impera la cultura della scorciatoia, del tutto e subito e ad ogni costo, questo pensiero di Frost perde inevitabilmente il suo fascino, la sua forza, il suo significato.


Ai giovani ormai si è tolto il futuro, loro lottano per sopravvivere e chi lotta per sopravvivere non ha più la forza per cambiare il mondo.

Ecco perché la Collana Gialla “èPoesia”, il nuovo progetto editoriale di pordenonelegge e Lieto Colle, assume un valore simbolico fortissimo.

Due strade – tracciate da molti anni di passione per la poesia – si incrociano e si uniscono in questa collana, per comporre le energie di più luoghi e diverse forme di comunicazione: LietoColle e pordenonelegge condividono lo scopo di scegliere, promuovere e diffondere l’opera di alcuni autori già conosciuti da chi segue la vicenda attuale della poesia, accompagnandoli nell’edizione di una loro prova significativa. LietoColle cura la proposta del libro nella sua forma canonica, mentre pordenonelegge cura la versione elettronica, con l’obiettivo di moltiplicare le occasioni di attenzione e di dialogo su quattro opere di poesia scelte, per ogni anno solare, tra le esperienze di rilievo di nuovi autori di interesse.




Così Michelangelo Camelliti (LietoColle) e Gian Mario Villalta (pordenonelegge) presentano ogni numero della collana gialla pordenonelegge.it. Collana che è  una splendida realtà avendo già accolto opere di poesia di giovani autori come Tommaso Di Dio, Clery Celeste, Giulio Viano, Giulia Rusconi, Sebastiano Gatto, Maddalena Lotter, Daniele Mencarelli, Greta Rosso.




Un altro dato significativo che vale la pena sottolineare è che il Progetto Gialla di LietoColle e Pordenonelegge è stato affidato ad Augusto Pivanti un uomo e un poeta che da anni lavora a stretto gomito con Michelangelo Camelliti e LietoColle. Pivanti non è certo uno che si danna l’anima per apparire eppure ha scritto una decina di raccolte di poesie ed ha un ruolo prezioso nella casa editrice di Camelliti. Un membro della razza umana, insomma, che assapora ogni giorno parole e linguaggio, nutrendosi di poesia, vivendo ciò che ama con passione e umiltà, doti, queste, assai rare.



Immagini in ordine di apparizione: 1. Immagine promozionale del Progetto gialla ,2. Una scena del film L’attimo fuggente  3. L’albero sul sito di LietoColle, 4. Gian Mario Villalta, 5. Michelangelo Camelliti in Calabria tra Bonifacio Vincenzi (a sinistra, di spalle) e Oreste Bellini, 6. Augusto Pivanti


martedì 15 settembre 2015

Antonella Monti








Antonella Monti:
autoritratto in versi
di Bonifacio Vincenzi


"Ciò che plasma la nostra vita  e la nostra natura – ha scritto Georg Groddeck -  non è solo il contenuto della coscienza, ma, in grado assai maggiore, il nostro inconscio. Fra la coscienza e l’inconscio c’è un setaccio, e sopra, nella coscienza, rimangono solo gli oggetti grossi, mentre la sabbia per il mortaio della vita  cade giù in profondità; sopra rimane solo la crusca, mentre la farina per il pane della vita, si raccoglie in basso, nell’inconscio.”

Leggendo la poesia di Antonella Monti in Miserere nostri (LietoColle) trovo che questa affermazione di GroddecK sia, per certi aspetti, molto vicina al ritratto  che in poesia la Monti abbozza di sé:

Sono diabolica, nera come la notte/ rossa come l’inferno, immensa come/ il pentimento fino alla volta del cielo.

In questi pochi versi c’è l’anima di una donna continuamente in lotta con se stessa dove, da una parte, c’è ciò che lei profondamente è, dall’altra, invece, ciò che lei fa, che quasi mai la rappresenta, almeno, non totalmente.
La sua sensibilità, poi, non le permette quella grande impostura necessaria per ben mascherare un ego instabile e limitato. Da qui la discesa in una sensazione di solitudine è inevitabile: “Solitudine, eterna compagna/ a volte in vacanza/ ma sempre col biglietto/ di ritorno in tasca. (…)



C’è un dato di fatto, però: la sua anima in versi piace. Perché piace? Conviene non rischiare di rispondere concretamente a questa domanda perché quest’anima in sé non è mai definibile se non in un sentire che predispone ad una sensazione, piacevole o spiacevole, quella stessa che, dalla carezza di uno sguardo, unisce la voce oscura e silenziosa dell’autrice alla nostra, per un incontro in profondità  più da vivere che da spiegare. E ciò che si vive sulla pagina con Antonella Monti è sicuramente piacevole.

Nella poesia, quindi, la Monti riconquista quella libertà che il mondo spesso le nega e la condivide con il lettore.
Grazie alla poesia un po’ di quella farina del pane della vita, di cui parlava Groddeck, risale sopra, e quella voce che ci parla da lontano arriva con semplicità e naturalezza creando una vicinanza intima, viva, intensa, vera …

Quanto si può essere trasparenti/ quanto trapela, quanto si resta straniti/ quando gli altri colgono/ le tempeste dell’animo./ E quando accade di essere acciuffati/ - così nudi e indifesi – ci si sente meno soli.”

Poesia di immagini, di toni, di sensazioni, di interiorità, di mistero questa di Antonella Monti, piena della sua profondità parlante, in cui cadere non è altro che aprirsi alla possibilità di rialzarsi mentre una grande verità risuona sulla pagina a dire che non c’è domani, se non in questo presente.


venerdì 11 settembre 2015

Alessandro Ramberti




Alessandro Ramberti e lo slancio verso un impossibile accesso a un’esperienza spirituale e metafisica
di Bonifacio Vincenzi




L’occhio non vi accede
L’orecchio non vi accede, né il mentale.
Non sappiamo, non vediamo in che modo
lo si possa insegnare.
Di sicuro questo differisce dal conosciuto.
Questo trae origine dallo sconosciuto.
Lo conosce bene colui che non se ne forma un concetto:
non lo conosce colui che se ne forma un concetto.
Coloro che comprendono, non lo conoscono.
Coloro che non ragionano, lo conoscono.”

(Kena Upanishad, 1-3; 2-3)

Come conoscere l’inconoscibile? Come si può realizzare – per dirla con Patrick Ravignant – ciò che oltrepassa tutte le parole, tutti i concetti, tutte le azioni, e che va oltre l’io e l’altro?
Queste domande, in realtà, sollecitano risposte che non verranno. Ogni ricercatore spirituale questo lo sa  ma non per questo smette di cercare. Sa bene che l’intelletto non ha gli strumenti per risolvere nessuno di questi quesiti, e la questione, per quanto rimanga insoluta, non frena il suo slancio verso un impossibile accesso a un’esperienza spirituale e metafisica.

Ora, avvicinandomi in punta di piedi, a questa raccolta di poesie di Alessandro Ramberti, Orme intangibili (Fara editore) devo necessariamente coglierne l’essenza di un’anima fortemente attratta dal fascino di un percorso alternativo che  aiuti a smettere di venerare la società così per come viene percepita, per tentare di praticare, soprattutto attraverso la poesia, l’arte di concepire se stessi lontani da ogni prigione concettuale, confondendo l’io con l’essere, perché, come precisa il poeta,se cerchi la tua strada è necessario prima che ti perda.“  

Non si deve certo prendere alla lettera questa affermazione perché perdersi qui non significa certo smettere di essere  presenti a se stessi, né è la conseguenza di una definitiva frattura con il mondo ma, piuttosto, come afferma Traherne, acquistare consapevolezza che lo spirito “non agisce da un centro/ su un oggetto distante,/ ma è presente a quanto vede,/ essendo con l’essere che vede.”

Ma questa pare che non sia una conquista semplice e la domanda che Ramberti si pone (Se il tempo non passasse?) ci obbliga ad ammettere che al di là del qui e adesso non esiste altro e che, il nostro ragionare in termini di itinerario, di traiettoria, come se il tempo fosse lo spazio, è totalmente errato. Il passato non è mai dietro di noi come d’altronde il futuro non è mai davanti a noi. Entrambi non esistono che adesso e  all’infuori del presente, dunque,  non esiste nulla.




Più andiamo avanti nella lettura di questo prezioso libricino più cogliamo, nel tocco ispirato del poeta, l’energia di una parola che cerca di cogliere la pienezza, l’amore, l’eternità. E quando Ramberti scrive che solo l’amore può aiutarci a portare l’anima all’inizio, in realtà, con questa sola affermazione riesce a dire tantissime cose. L’amore che intende Ramberti non è certo quello che nella sua accezione comune indica una richiesta: amare significa soprattutto voler essere amati e rientra, quindi, nella serie dei bisogni che uno ha. L’amore che intende Ramberti è quello senza contrari e senza condizioni; l’amore come dono totale, come sentimento inalterabile senza misura e senza limiti, liberato, finalmente, da ogni egoismo e da ogni possessività.

Ma per essere degni di questo Amore bisogna scrollarsi tutto di dosso, imparare prima – come scrive Eugen Herrigel seguendo l’influsso dello Zen sull’arte del tiro con l’arco- la giusta attesa, staccandosi da se stessi, lasciandosi dietro tutto affinché non rimanga altro che una tensione senza intenzione … (Ho detto poche cose e ciò che ho fatto/ può essere riassunto in un vocabolo/ che esprima la tensione dell’arciere/ il cui bersaglio è interno ed inesatto. (…))


Solo in questo caso potrà avvenire quella cosa suprema e ultima, quella che Herrigel comprende dagli insegnamenti del suo Maestro Zen in cui, nell’arciere, colpo, arco, freccia, bersaglio e Io si intrecciano e, alla fine, il bersaglio da colpire diventa l’arciere stesso. Perché è solo quando l’arciere, pur operando, diventa un immobile centro “l’arte diventa senz’arte, il tiro un non-tiro; l’insegnante ridiventa allievo, il maestro un principiante, la fine un principio e il principio un compimento.”

martedì 1 settembre 2015

Greta Rosso



Greta Rosso nel progetto gialla di LietoColle e pordenonelegge
di Bonifacio Vincenzi




“Due strade – tracciate da molti anni di passione per la poesia – si incrociano e si uniscono in questa collana, per comporre le energie di più luoghi e diverse forme di comunicazione: LietoColle e pordenonelegge condividono lo scopo di scegliere, promuovere e diffondere l’opera di alcuni autori già conosciuti da chi segue la vicenda attuale della poesia, accompagnandoli nell’edizione di una loro prova significativa. LietoColle cura la proposta del libro nella sua forma canonica, mentre pordenonelegge cura la versione elettronica, con l’obiettivo di moltiplicare le occasioni di attenzione e di dialogo su quattro opere di poesia scelte, per ogni anno solare, tra le esperienze di rilievo di nuovi autori di interesse.”

Così Michelangelo Camelliti (LietoColle) e Gian Mario Villalta    (pordenonelegge) presentano ogni numero dell’ormai famosa collana gialla pordenonelegge.it. Passione che corona, connette, spiega ricapitolando, anno dopo anno, l’ineffabilità di una visione positiva e vincente, in un percorso che si ramifica a colpi di  nuove e vitali intuizioni.
Quattro opere ogni anno, quindi, di altrettanti autori che abbiano il dono della Poesia.
Autori come Greta Rosso, la cui  opera è  stata inserita nella prestigiosa collana della quale stiamo parlando.


Che cos’è che caratterizza un complesso sistema di eventi intempestivi? E che cos’è un amore al di fuori della legge?
Iniziare con delle domande. Non c’è modo migliore, credo, per apprestarci a entrare nel giallo di questo Manuale di insolubilità di Greta Rosso (LietoColle, 2015).  Domande che riconducono tutte, per dirla con Elémire Zolla, alla massima interrogazione che è questa: come fa l’essere ad emergere dal nulla?
Ecco l’ultimo e il primo enigma, che solo la poesia osa enunciare, partendo dall’insicura coscienza di chi scrive per arrivare ad una chiarezza intuitiva che spesso non è neppure l’autore a cogliere, ma l’appassionato lettore.

“La poesia è l’unico discorso – scrive  Zolla -  che comporti l’esperienza di un’estasi che offre in se stessa l’esempio di un silenzio che zampilla in parole, perciò è il giusto tramite per dire che la realtà nasce da ogni estasi che illumini la mente, conferendo significato e ordine a una psiche che nell’estasi fa tutt’uno con il cosmo. La poesia è ciò che la cosmogonia descrive: il silenzio che parla, il vuoto che genera il cosmo.”
Questo mi sembra il giusto preambolo per vivere, più che cercare di comprendere, la poesia di Greta Rosso. Ogni altra strada ci allontanerebbe da ciò che lei è e questo non la renderebbe certo infelice, perché, probabilmente, è esattamente ciò che  vuole…
mi somigliano le mie parole/ strette, dismorfofobiche/ nella mischia del mondo/ sempre in lizza per la distruzione/ nessuna fenice, magari compostaggio/ o un tocco di velata mancanza/ a farmi scrivere rifrazioni.”

Greta Rosso non pretende di rivelarsi nell’ambigua lettura che lasci ritornare nel buio di ciò che istintivamente cela, né la sostiene l’ambizione di risorgere dalle sue ceneri, ma il suo aprirsi a questa misteriosa intuizione che è la poesia, le fa in qualche modo comprendere che non è mai il senso a rappresentare l’essere, ma ciò che viene prima del senso, ciò che è vicino e ciò che è lontano, il reale e l’irreale, il sonno e la veglia, ovvero lo specchio del Nulla dove in ogni istante il Tutto si riflette…
Una conseguenza di tutto ciò, è quella di cercare di frantumare, trasformando in lievito l’idea della vita e del mondo, in una dissomiglianza che la porti a dissentire dalle presunte verità, per lasciarsi trascinare da una mobilità tra l’esistere e lo sparire, come rito quotidiano, questa volta consapevole.



Chiaramente c’è tutto questo e l’esatto suo contrario ed è come un grido inascoltato, soprattutto da se stessa, il suo volere che sbatte come onda sugli scogli del mondo visibile …

volevo un viso magro/ da trasporre nell’aria già colma/ di visi e corrugamenti/ volevo che non crescesse nulla/ del mio corpo, che si attenuassero/ le forme, che stazionasse infinitamente/ la quantità di spazio a me assegnata./ volevo un viso per/ la bambina che non era mai bambina,/ una forma di linea per la iena/ che non ero, volevo annientare,/ allucinare, devastare le curve del/ tempo, volevo fermarmi nell’istante,/ epifanica, farmi statua.”

Ma la fermata in sé presuppone la fine di questa mobilità tra l’esistere e lo sparire, presuppone la morte.
Perciò, nonostante gli sforzi, anche lei è costretta a questo procedere per strati,  che ha un suo senso in questa condanna che chiamiamo vita.

Immagini in ordine di apparizione: 1. Copertina del libro, 2. Colpo d’occhio sul pubblico in una manifestazione di pordenonelegge, 3. Foto di Greta Rosso

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