La ragionevole saggezza della poesia di Carla de Falco
di Bonifacio Vincenzi
“L’universo
è di vetro. Il tuo cammino è disseminato di schegge che la luce riveste di
mille colori riflessi. La trasparenza è ricchezza del giorno. Ma non si può
fare astrazione dalla notte. La notte annulla ogni differenza. Mai, mai sarai stato così solo.”
Si
può partire tranquillamente da questa visione di Edmond Jabès per incamminarci,
in punta di piedi, in questo mondo fatto di anima e di parole di Carla de Falco. Pensieri di un istante
venuti fuori liberamente, come è caratteristica della poesia, ma che poi
restano, nella loro eternità mutevole,
vive e silenziose, in uno slancio sempre liberamente a venire, dove l’intimità nella
quotidiana lotta, aggiunge sale alle ferite.
Il momento che separa è il titolo di questa silloge poetica di Carla de
Falco, edita da Montag. Una silloge
forte – scrive Matilde Iaccarino nella prefazione - in ogni testo che la compone. Ogni verso è una
croce piantata sul cuore, ma una croce necessaria perché la poesia, dopo anni
di dialoghi autistici con sé stessa, si restituisce al valore dell’impegno civile
e lancia messaggi e riflessioni all’uomo, nel suo senso più completo e ampio.”
Tutto
questo viene chiarito già nella nota introduttiva che la de Falco sente di
rivolgere ai suoi lettori, dove fa una disquisizione sulla parola crisi. “L’etimologia della parola crisi
– scrive l’autrice - è da ricercare nel latino crisis
e, prima ancora, nel greco krìno che vuol dire “io separo”. Crisi è
dunque un momento che separa un modo di essere da un altro,non necessariamente
negativo, ma di sicuro incerto.”
Ed
è in questo relativo smarrimento, per
tornare alle parole dell’inizio di Jabès, che non si può fare astrazione dalla notte, quella stessa notte che annulla ogni
differenza, che isola e spinge verso un’egoistica solitudine tanto necessaria
quanto deleteria.
È
con la poesia che si può ricominciare, di questo la de Falco è convinta. D’altronde, poesia, come dice l’etimo, vuol dire fare realtà: l’esperienza poetica parte da un silenzio
incontaminato, da un ascolto teso –
direbbe Elémire Zolla – che fa emergere
le vibrazioni, i ritmi, i polsi delle cose; questi colmano la mente e il cuore
del poeta, il quale quindi sente fluire da se stesso, dal suo intimo silenzio,
le parole che rivestono i ritmi.
L’apertura
alla poesia, da questo punto di vista, quindi, può aiutare moltissimo. Nella
vita, le persone e le cose ormai vivono
in serie. Avvolti in una cappa oscura in cui si susseguono orge di parole e di
immagini, non irradiano più nulla. Sottili mortificazioni, inesorabili
appiattimenti mortificano e spengono sempre più l’umanità nella gente …
“
(…) vibriamo di parole perse nella rete/ all’ombra
di sfide vissute come guerre/ scansando sempre ostacoli/ ma senza direzione/ e
consumando ansie/ zeppe di cose e voci./ sgomento del pieno, del tanto, del
troppo./ bisogno - magari -/ di un mare di vuoto.” (horror pleni)
La
ragionevole saggezza della poesia di Carla de Falco obbliga a parlare partendo
solo da una visione di verità, per conferire a questo avvento la fermezza e la
promessa di una via d’uscita da questo oppressivo percorso labirintico.
E,
questo, è il solo modo per tentare di screditare i tempi senza amore che stiamo
vivendo e interrompere lo sterminio delle certezze, dando così
alla nostra vita, uno slancio verso le infinite potenzialità dell’essere.
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