venerdì 25 marzo 2016

Stefano Menga




Angelo Petracca, cronaca di un atto d’amore
di Bonifacio Vincenzi

Stefano Menga è conosciuto soprattutto per essere l’ideatore del noto blog“Cronache e Cronachette”, ma è anche autore di numerose pubblicazioni.  Ricordiamo:
Annuario 2011/2012 – Cronache e cronachette di Ceglie Messapica ( Tiemme- Manduria, 2013); Monsignor Giovanni Turrisi - Cenni storici e fotografici sulla sua vita e sulla Chiesa di San Lorenzo da Brindisi  (Tiemme- Manduria, 2013); Annuario 2013 Cronache e cronachette di Ceglie Messapica ( Tiemme- Manduria, 2014).

Ora Stefano Menga si presenta ai suoi lettori con questo suo nuovo lavoro, Cronaca di un atto d’amore( Tiemme- Manduria, 2015).

Il libro si apre con una dedica speciale: a tutti i Carabinieri Caduti nell’adempimento del proprio Dovere. E parla del Carabiniere Angelo Petracca che nel tentativo di salvare un commilitone venne ucciso a Ceglie Messapica, nel corso di una rapina,il 22 Gennaio 1990.

Presentato sotto forma di cronaca il libro è arricchito da immagini, foto, articoli di giornali e altri materiali che l’autore usa per ricostruire nei minimi particolari la vicenda del carabiniere caduto.

Tutto questo, però, viene spiegato molto bene da Augusto Conte nell’introduzione del libro stesso:
“L’opera – scrive Conte - presenta, e rappresenta, un fatto di “cronaca” che la tragicità dell’evento descritto, l’impressione suscitata e che tuttora permane nella nostra collettività, la legalità violata, la risonanza nazionale,il sentimento struggente di una giovane vita spezzata, la intitolazione al nome della vittima di Comandi, Stazioni, Corsi di Carabinieri, la passione della rievocazione nell’Autore, lo spessore morale dell’iniziativa editoriale, hanno trasformato in “storia”.
La storia, e le storie, indipendentemente dalle loro dimensioni, sono fatte di grandi e nobili eventi, ma anche di atti violenti e ignobili; la forza e la dignità dell’animo umano si manifestano trasportando e trasformando anche i fatti spietati e disumani in un atto di amore: questo è il senso più profondo del sacrificio del giovane Carabiniere, colto e trasfuso nell’opera e nello spirito che ha animato l’Autore.
La formazione discorsiva del ricordo della cronaca si fa storia e si intreccia e confonde tra la dimensione religiosa, di accettazione dei misteriosi disegni soprannaturali imperscrutabili, e la dimensione laica del rifiuto dell’atto di violenza e della esigenza di attuazione della vocazione umana alla giustizia.
E il ricordare costituisce un valore che permette e aiuta a mantenere viva la memoria storica per custodirla e tramandarla come monito alle future generazioni, per consentire che il passato non si ripeta allo stesso modo.”

Un libro sicuramente prezioso, questo di Menga, che merita di essere letto e custodito perché, per come si sono svolti i fatti, il sacrificio di Angelo Petracca fu un vero e proprio atto d’amore che la  comunità di Ceglie Messapica non può e non deve dimenticare.
E questo libro, di sicuro, è un buon aiuto per tener vivo il Ricordo.



sabato 19 marzo 2016

Lucia Gaddo Zanovello







Ricordando l’unicità perduta dei ragazzi del Bataclan
di Lucia Gaddo Zanovello

C’è in ogni discorso umano un segno di mistero che distingue una creatura dall’altra, si stabilisce fra le persone una comunicazione impressa in modo intimo e insondabile, puramente intuitivo. La poesia ben testimonia di tale delicata ma infrangibile forma di dialogo, come accade in questa nuova silloge di Bonifacio Vincenzi. Sono esistenze, quelle dei giovani qui ricordati e celebrati, che si trovarono a essere vittime inconsapevoli di un manipolo di fanatici spietati al Bataclan di Parigi nel novembre dello scorso anno e storie individuali, delle quali in qualche modo ci si deve fare custodi, è necessario per loro, ma anche per chi resta. Bonifacio Vincenzi, che sente in se stesso la costernazione per tale sciagura, al pari di Parigi, delle famiglie coinvolte e del mondo intero, ne è pienamente cosciente.

Perché se della morte non ci si può liberare, ricordare può aiutare ad elaborare il lutto e forse è possibile trasformarlo, come la morte, in una nuova nascita.
Questo genere di memoria si chiama amore, e l’amore rimane, anche in assenza dell'altro, perché la sua presenza non scompare con il suo non comparire più in questa dimensione.
Si deve continuare a parlare con coloro che hanno cessato di vivere, per non rischiare di lasciarli svanire e dunque tacere per sempre; se ci separassimo definitivamente da chi ci è caro, rischieremmo di farlo morire di nuovo e se è vero, come è vero, che la morte degli altri ci riguarda sempre, la morte dei ragazzi ci coinvolge e ci importa anche di più.

“Di quei ragazzi rimane / l’impazienza di una giovinezza / mai scomparsa.// Per loro e per tutti gli anni / che chiederanno conto al tempo / sarà primavera in novembre”, asserisce e presagisce l’Autore.

Ci sono sofferenze di cui non riusciamo ad attutire, nel tempo, gli effetti e quando gli altri muoiono, chi resta deve decidere il senso della propria vita.
Quasi tutto quello che ci sta intorno rimane fermo dove si trova, senza che noi  si possa averne totale coscienza e controllo, tuttavia ciò che nel presente accade dipende da questo indugiare di ogni cosa nell’impotere e nell’insufficienza propria dell’umano nei confronti del mondo. Non è nostra facoltà poter cambiare la maggior parte del reale e ogni morte, compresa la nostra, è e sarà una partenza individuale e solitaria verso l’ignoto; per un attimo, forse, si sentirà disperatamente abbandonato, anche chi è dotato della più solida delle fedi.   La dimensione della sofferenza non è misurabile, “Sa di vita che se ne va / la muta sensazione / che sottrae colore che cola / dal dipinto delle ore”, è la metafora dell’attimo di smarrimento che coglie il poeta e ancora “cadde la vita innocente per le colpe del mondo / non più nomi, storie e vissuto / ma un lampeggiare discontinuo / dalle caverne dell’odio”, egli ricorda, tornando agli interminabili minuti della sparatoria.

In questo caso la morte si è presentata con la maschera inespressiva dell’apatica indifferenza di chi non sa distinguere il bene dal male, per l’incontinenza diabolica di invasati annientatori, demoniaca ferocia attuata da vigliacchi verso tanti fra i propri simili (ma possono questi umani essere definiti ‘simili’?) così inavvertiti e indifesi.
     


Vita e morte hanno i loro ritmi misteriosi, le loro ragioni, ma “Altra cosa, invece, è andare, / in tempo di pace, ad un concerto / ed essere ricordati come vittime di guerra.”

È da trascrivere per intero il brano di pag. 26: “Le vittime sono sempre buone / e se ne vanno spesso senza salutare./ Certo, a saperlo avrebbero dato un bacio / ai loro bambini, magari anche detto ti amo per / l’ultima volta a qualcuno. Ma sono / vittime, si svegliano al mattino e non sanno / neppure che quello è il loro ultimo risveglio. / Le foto delle vittime sono sempre le più belle, / c’è una liturgia a cui i loro cari tengono molto,/ mostrano sempre le loro foto dei momenti felici, / non vogliono che si sappia in giro che anche loro / hanno pianto, che anche loro sono stati qualche volta / odiosi, sono vittime ormai, non vedranno più albe / né tramonti, non festeggeranno più nulla. // La morte è come il fuoco, purifica tutto,/ strappa alla vita e, in cambio, riempie l’assenza / di momenti felici.”
    
Quando la morte è intimamente legata all'amore, questo non si estingue con la morte: “Vivranno / nell’eterno presente / del grande cuore /della città del mondo.”

E ancora, per intero, citerei il brano di pag. 32:   “Caddero / sotto il peso dei loro corpi.// Non tremò la terra /né il cordoglio / del mondo intero / riuscì a varcare / i confini di quell’orrore.// Solo un pensiero innocente / di bambino / adagiò la loro anima / tra le stelle.” E più avanti osserva il Poeta:   “Altri calendari segneranno / questo giorno, si sveglieranno / commozioni, rimorsi // e nella notte un’ombra di luna / coprirà la città e i suoi morti.”
   
Solo il ricordo opera il miracolo del persistere di questo amore, impedendo che alle creature passate di là  venga rimosso ogni aggancio col nostro presente; dona eternità il ricordo, questa è l’unica grazia concessa agli uomini.     E a proposito di Marie Lausch, che “lasciò al mondo la luce eterna di un sorriso”, precisa l’Autore : “Credono di averti uccisa / non sanno dell’altra vita / non sanno che vivi /nel sogno dei bambini.”… “Non invecchierai mai / vivrai giovane e sorridente / negli occhi del mondo// un unico eterno amore / e la certezza di essere vissuta / senza tradire i sogni.”… “In qualche punto del silenzio / lontano da qui / qualcosa di te si muove.// Sei nell’ombra della pioggia / che non bagna.// Chi ti cerca sono le stelle cadenti / dei tuoi desideri, chi ti cerca è la strada / dove sei passata, le canzoni che nel cuore / hai cantato…”.

Se è vero che il ricordo gradatamente aiuta a raggiungere il fondamento e il sostegno di ciò che siamo, si deve essere anche fermamente consapevoli del bisogno assoluto di Storia che c'è in ciascuno di noi, mentre il fanatismo contemporaneo cerca di distruggere questo bisogno, proprio per distruggere l'uomo in sé.

“Loro sono oltre, noi da questa / parte a inseguire giorni sempre / uguali, a credere che il mondo / sia ancora capace di separare / il bene dal male. Ma è figlio / di tragedie dimenticate altrove / l’odio che esplode nelle nostre / vite. E se l’amore è solo una parola / usata male allora nessuno potrà salvarci / dalle nostre colpe addormentate.// Sappiamo tutto di voi, il passato / è un libro sfogliato da mani inquiete…”.    Sono parole che invitano, mentre “rimaniamo fermi…a risvegliare sogni che appartennero ad altri”, a ripercorrere avanti e indietro, ininterrottamente, i libri di Storia, insieme ai nostri privati compendi, come fossero veri e propri prontuari per ogni esistenza.

“Siamo ciò che la vita ci consente di essere / e abiteremo tutti nella stessa assenza” asserisce, ben consapevole, il Nostro, ma il suo libro ottiene davvero di  salvare qualche goccia, qualche scintilla di speranza, che ci consenta di vivere nonostante tutto, sia pure nell’angoscia, nell’incertezza, nell’inquietudine del cuore e nella nostalgia di un passato che non c’è più.  Solo così il tempo offeso dello sdegno, del risentimento e dell’offesa, che è lo stesso del rimpianto e della nostalgia, ancorato al passato, può riconciliarsi col presente.
   
Un libro che ‘fa del bene’, se si lascia che nel nostro cuore risuonino le voci delle vittime degli attentati del novembre del 2015 a Parigi, per non permettere mai che sia dimenticata la loro unicità perduta.


venerdì 29 gennaio 2016

Pietro Berra - Francesco Osti




Pietro Berra e Francesco Osti:
due poeti e La città visibile
di Bonifacio Vincenzi


LietoColle presenta ai suoi lettori una nuova collana che accoglierà sempre due poeti alla volta per la creazione di un libro-cartolina legato all’immagine e alla poesia.
Le cartoline, volendo,  possono essere staccate, affrancate e spedite, magari anche entrando nei circuiti creativi della Mail Art.

"La Mail Art è un tipo di forma artistica che ha l’obiettivo di condividere le elaborazioni su un argomento attraverso l’utilizzo della cartolina. È un veicolo culturale che stimola la produzione artistica delle persone, sviluppa idee e gusto, e porta l’attenzione su temi di ampio interesse."

Il tema scelto per questa prima uscita è quello de La città visibile.

“Due poeti nati negli Settanta, Pietro Berra e Francesco Osti, rileggono il cambiamento dell’Italia attraverso 30 cartoline simboliche, cui si sono ispirati per scrivere altrettante poesie. Osti ha scelto il periodo del boom economico: l’epoca dell’emigrazione dal Sud al Nord e di
palazzoni, che oggi non rispondono più al gusto estetico medio, mentre allora venivano riportati sulle cartoline come segno di progresso. Il poeta si è lasciato suggestionare da queste immagini e le ha passate attraverso la lente della sua esperienza e sensibilità. Berra ha optato per un periodo più ampio, dalla Belle Époque agli anni Ottanta del Novecento, circoscritto a un microcosmo, Brunate, villaggio di contadini trasformato in piccola Ville Lumière con il sudore degli operai (effigiati sulle cartoline, come quelli che costruivano i grattacieli in America) fino a quando è tramontata la Festa del narciso e “i narcisisi sono tornati uomini”. Le pagine del libro si possono staccare e spedire: così il lettore diventa parte della performance poetica.”

Molte sono le città coinvolte: Trieste, Lecco, Piacenza, Sondrio,  Mantova, Brunate, Morbegno, e altre ancora.
Immagini e poesia, dunque. Sguardo e anima per un incontro indimenticabile.

Qualche notizia sugli autori:


Pietro Berra, è nato e vive a Como. Giornalista alle pagine culturali del quotidiano “La Provincia” e promotore di rassegne letterarie e cinematografiche, ha pubblicato una dozzina di libri, tra poesia, narrativa e saggistica. Cinque le raccolte di versi: Un giorno come l’ultimo. In viaggio per le strade di Como e della mente(Dialogo, 1997), Poesie di lago di mare (LietoColle, 2004), Poesie politiche (Luca Pensa Editore, 2006), Notizie sulla famiglia (Stampa, 2009) e Terra tra due fari (piccolo viaggio in Italia) (LietoColle, 2011).

Delle sue poesie inserite nel testo ci piace ricordare Proprietà privata con vista legata ad una vecchia cartolina:  Brunate – Dal Grand Hotel Milan: “I cani marcano il territorio/ con il piscio, i ricchi con le ville./Cancellate di ferro imprigionano/ il panorama dove Giuditta Pasta/ issò il tricolore nell’861./ Il Grand Hotel Brunate è sfiorito/ con l’Epoca Bella. Il cartello/ “Vendesi” attira il viandante/ che sogna una finestra sospesa/oltre il crepuscolo della modernità./ Una voce lo chiama da sotto/ l’asfalto: “Io sono stato prato, voi/ preparatevi a diventarlo””


Francesco Osti, invece,  nasce a Morbegno (Sondrio) nel 1976, qui vive e lavora.
Suoi testi sono apparsi su alcune riviste ed antologie fra cui Nuovissima poesia italiana (Mondadori, 2004), testi poi raccolti nel suo primo libro di prose poetiche intitolato Errori di sintassi edito nel 2005 da Lietocolle, e Almanacco dello Specchio (Mondadori, 2007) i cui testi sono confluiti in Itinerari stampato nel 2010 dall'editore Stampa2009. Nel 2011 è uscita per l'editore salernitano L'arca Felice la plaquette dal titolo Viale Orobie. Nel luglio 2007 è stato fra i finalisti del premio “Cetona Verde Poesia”.
La poesia di Osti che abbiamo scelto è legata a quella bellissima cartolina che è Piacenza, piazzale della stazione:
Abbiamo seguito da una radio transistor/ la cronaca dell’arcobaleno sparito/ sulla pianura: c’è stato chi ha enunciato/ la sequenza dei colori come in un gioco/ di memoria, invertiti per sfidare la cameriera/ che rideva/ chi li ha sfumati attraverso/ il bicchiere di vino. Qualcuno/ che mi somiglia ha ripulito il piatto con/ il cucchiaio e poi ha mosso il tacco appena/ pronunciato sul pavimento duro:/ a bruciapelo mi sono visto riflesso in/ uno specchio a muro scambiandomi per/ un conoscente, la mia mano chiusa mi/ ha sorpreso per tutta la forma caricata/ senza sostanza… Adesso è tutto un passato/ storico, c’è una grande quiete che/ abbraccia: un treno aspetta fuori stazione/ il momento buono per passare …”
Nel mondo antico il cuore era l’organo della percezione e direttamente connesso, tramite i sensi, alle percezione delle cose. Ne La città visibile percezione, sensazione e immaginazione attraversano lo sguardo per legarsi alla parola. Quello che ne verrà fuori sarà tutto da scoprire dopo ogni personale lettura.