Antonella Monti:
autoritratto in
versi
di Bonifacio Vincenzi
"Ciò che plasma la nostra
vita e la nostra natura – ha scritto
Georg Groddeck - non è solo il contenuto
della coscienza, ma, in grado assai maggiore, il nostro inconscio. Fra la
coscienza e l’inconscio c’è un setaccio, e sopra, nella coscienza, rimangono
solo gli oggetti grossi, mentre la sabbia per il mortaio della vita cade giù in profondità; sopra rimane solo la
crusca, mentre la farina per il pane della vita, si raccoglie in basso,
nell’inconscio.”
Leggendo la poesia di
Antonella Monti in Miserere nostri (LietoColle)
trovo che questa affermazione di GroddecK sia, per certi aspetti, molto vicina
al ritratto che in poesia la Monti
abbozza di sé:
“Sono diabolica, nera come la notte/ rossa come l’inferno, immensa come/
il pentimento fino alla volta del cielo.”
In questi pochi versi c’è
l’anima di una donna continuamente in lotta con se stessa dove, da una parte,
c’è ciò che lei profondamente è,
dall’altra, invece, ciò che lei fa, che quasi mai la rappresenta, almeno, non
totalmente.
La sua sensibilità, poi,
non le permette quella grande impostura necessaria per ben mascherare un ego
instabile e limitato. Da qui la discesa in una sensazione di solitudine è
inevitabile: “Solitudine, eterna
compagna/ a volte in vacanza/ ma sempre col biglietto/ di ritorno in tasca. (…)”
C’è un dato di fatto,
però: la sua anima in versi piace. Perché piace? Conviene non rischiare di
rispondere concretamente a questa domanda perché quest’anima in sé non è mai
definibile se non in un sentire che predispone ad una sensazione, piacevole o
spiacevole, quella stessa che, dalla carezza di uno sguardo, unisce la voce
oscura e silenziosa dell’autrice alla nostra, per un incontro in
profondità più da vivere che da
spiegare. E ciò che si vive sulla pagina con Antonella Monti è sicuramente
piacevole.
Nella poesia, quindi, la
Monti riconquista quella libertà che il mondo spesso le nega e la condivide con
il lettore.
Grazie alla poesia un po’
di quella farina del pane della vita, di cui parlava Groddeck, risale sopra, e quella
voce che ci parla da lontano arriva con semplicità e naturalezza creando una
vicinanza intima, viva, intensa, vera …
“Quanto si può essere trasparenti/ quanto trapela, quanto si resta
straniti/ quando gli altri colgono/ le tempeste dell’animo./ E quando accade di
essere acciuffati/ - così nudi e indifesi – ci si sente meno soli.”
Poesia di immagini, di
toni, di sensazioni, di interiorità, di mistero questa di Antonella Monti,
piena della sua profondità parlante, in cui cadere
non è altro che aprirsi alla possibilità di rialzarsi mentre una grande verità
risuona sulla pagina a dire che non c’è
domani, se non in questo presente.
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