martedì 15 settembre 2015

Antonella Monti








Antonella Monti:
autoritratto in versi
di Bonifacio Vincenzi


"Ciò che plasma la nostra vita  e la nostra natura – ha scritto Georg Groddeck -  non è solo il contenuto della coscienza, ma, in grado assai maggiore, il nostro inconscio. Fra la coscienza e l’inconscio c’è un setaccio, e sopra, nella coscienza, rimangono solo gli oggetti grossi, mentre la sabbia per il mortaio della vita  cade giù in profondità; sopra rimane solo la crusca, mentre la farina per il pane della vita, si raccoglie in basso, nell’inconscio.”

Leggendo la poesia di Antonella Monti in Miserere nostri (LietoColle) trovo che questa affermazione di GroddecK sia, per certi aspetti, molto vicina al ritratto  che in poesia la Monti abbozza di sé:

Sono diabolica, nera come la notte/ rossa come l’inferno, immensa come/ il pentimento fino alla volta del cielo.

In questi pochi versi c’è l’anima di una donna continuamente in lotta con se stessa dove, da una parte, c’è ciò che lei profondamente è, dall’altra, invece, ciò che lei fa, che quasi mai la rappresenta, almeno, non totalmente.
La sua sensibilità, poi, non le permette quella grande impostura necessaria per ben mascherare un ego instabile e limitato. Da qui la discesa in una sensazione di solitudine è inevitabile: “Solitudine, eterna compagna/ a volte in vacanza/ ma sempre col biglietto/ di ritorno in tasca. (…)



C’è un dato di fatto, però: la sua anima in versi piace. Perché piace? Conviene non rischiare di rispondere concretamente a questa domanda perché quest’anima in sé non è mai definibile se non in un sentire che predispone ad una sensazione, piacevole o spiacevole, quella stessa che, dalla carezza di uno sguardo, unisce la voce oscura e silenziosa dell’autrice alla nostra, per un incontro in profondità  più da vivere che da spiegare. E ciò che si vive sulla pagina con Antonella Monti è sicuramente piacevole.

Nella poesia, quindi, la Monti riconquista quella libertà che il mondo spesso le nega e la condivide con il lettore.
Grazie alla poesia un po’ di quella farina del pane della vita, di cui parlava Groddeck, risale sopra, e quella voce che ci parla da lontano arriva con semplicità e naturalezza creando una vicinanza intima, viva, intensa, vera …

Quanto si può essere trasparenti/ quanto trapela, quanto si resta straniti/ quando gli altri colgono/ le tempeste dell’animo./ E quando accade di essere acciuffati/ - così nudi e indifesi – ci si sente meno soli.”

Poesia di immagini, di toni, di sensazioni, di interiorità, di mistero questa di Antonella Monti, piena della sua profondità parlante, in cui cadere non è altro che aprirsi alla possibilità di rialzarsi mentre una grande verità risuona sulla pagina a dire che non c’è domani, se non in questo presente.


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