Greta Rosso nel progetto gialla di LietoColle e pordenonelegge
di
Bonifacio Vincenzi
“Due strade – tracciate da
molti anni di passione per la poesia – si incrociano e si uniscono in questa
collana, per comporre le energie di più luoghi e diverse forme di comunicazione:
LietoColle e pordenonelegge condividono
lo scopo di scegliere, promuovere e diffondere l’opera di alcuni autori già
conosciuti da chi segue la vicenda attuale della poesia, accompagnandoli
nell’edizione di una loro prova significativa. LietoColle cura la proposta del
libro nella sua forma canonica, mentre pordenonelegge cura la versione elettronica, con l’obiettivo di moltiplicare
le occasioni di attenzione e di dialogo su quattro opere di poesia scelte, per
ogni anno solare, tra le esperienze di rilievo di nuovi autori di interesse.”
Così Michelangelo
Camelliti (LietoColle) e Gian Mario Villalta (pordenonelegge) presentano ogni numero dell’ormai
famosa collana gialla pordenonelegge.it. Passione
che corona, connette, spiega ricapitolando, anno dopo anno, l’ineffabilità di una
visione positiva e vincente, in un percorso che si ramifica a colpi di nuove e vitali intuizioni.
Quattro opere ogni anno,
quindi, di altrettanti autori che abbiano il dono della Poesia.
Autori come Greta Rosso,
la cui opera è stata inserita nella prestigiosa collana della
quale stiamo parlando.
Che
cos’è che caratterizza un complesso sistema di eventi intempestivi? E che cos’è
un amore al di fuori della legge?
Iniziare con delle
domande. Non c’è modo migliore, credo, per apprestarci a entrare nel giallo di questo Manuale di insolubilità di Greta Rosso (LietoColle, 2015). Domande che riconducono tutte, per dirla con Elémire
Zolla, alla massima interrogazione che è questa: come fa l’essere ad emergere dal nulla?
Ecco l’ultimo e il primo
enigma, che solo la poesia osa enunciare, partendo dall’insicura coscienza di chi scrive per arrivare ad una chiarezza
intuitiva che spesso non è neppure l’autore a cogliere, ma l’appassionato
lettore.
“La poesia è l’unico
discorso – scrive Zolla - che comporti l’esperienza di un’estasi che
offre in se stessa l’esempio di un silenzio che zampilla in parole, perciò è il
giusto tramite per dire che la realtà nasce da ogni estasi che illumini la
mente, conferendo significato e ordine a una psiche che nell’estasi fa tutt’uno
con il cosmo. La poesia è ciò che la cosmogonia descrive: il silenzio che
parla, il vuoto che genera il cosmo.”
Questo mi sembra il giusto
preambolo per vivere, più che cercare di comprendere, la poesia di Greta Rosso.
Ogni altra strada ci allontanerebbe da ciò che lei è e questo non la renderebbe
certo infelice, perché, probabilmente, è esattamente ciò che vuole…
“mi somigliano le mie parole/ strette, dismorfofobiche/ nella mischia
del mondo/ sempre in lizza per la distruzione/ nessuna fenice, magari
compostaggio/ o un tocco di velata mancanza/ a farmi scrivere rifrazioni.”
Greta Rosso non pretende
di rivelarsi nell’ambigua lettura che lasci ritornare nel buio di ciò che
istintivamente cela, né la sostiene l’ambizione di risorgere dalle sue ceneri,
ma il suo aprirsi a questa misteriosa intuizione che è la poesia, le fa in
qualche modo comprendere che non è mai il senso a rappresentare l’essere, ma
ciò che viene prima del senso, ciò che è vicino e ciò che è lontano, il reale e
l’irreale, il sonno e la veglia, ovvero lo specchio del Nulla dove in ogni
istante il Tutto si riflette…
Una conseguenza di tutto
ciò, è quella di cercare di frantumare, trasformando in lievito l’idea della
vita e del mondo, in una dissomiglianza che la porti a dissentire dalle
presunte verità, per lasciarsi trascinare da una mobilità tra l’esistere e lo
sparire, come rito quotidiano, questa volta consapevole.
Chiaramente c’è tutto
questo e l’esatto suo contrario ed è come un grido inascoltato, soprattutto da
se stessa, il suo volere che sbatte come onda sugli scogli del mondo visibile …
“volevo un viso magro/ da trasporre nell’aria già colma/ di visi e
corrugamenti/ volevo che non crescesse nulla/ del mio corpo, che si
attenuassero/ le forme, che stazionasse infinitamente/ la quantità di spazio a
me assegnata./ volevo un viso per/ la bambina che non era mai bambina,/ una
forma di linea per la iena/ che non ero, volevo annientare,/ allucinare,
devastare le curve del/ tempo, volevo fermarmi nell’istante,/ epifanica, farmi
statua.”
Ma la fermata in sé presuppone
la fine di questa mobilità tra l’esistere e lo sparire, presuppone la morte.
Perciò, nonostante gli
sforzi, anche lei è costretta a questo procedere per strati, che ha un suo senso in questa condanna che chiamiamo
vita.
Immagini in ordine di
apparizione: 1. Copertina del libro, 2. Colpo d’occhio sul pubblico in una
manifestazione di pordenonelegge, 3. Foto di Greta Rosso
,
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